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  • "Porno disturbante".
    uriel@keinpfusch.netundefined uriel@keinpfusch.net

    Mentre ormai è evidente che la narrazione sull’“accordo” europeo — ancora lungi dall’essere firmato — non sia altro che una favoletta costruita ad arte per indebolire Ursula von der Leyen, la recente (e ampiamente anticipata dalla stampa compiacente) proroga di sei mesi della deadline non fa che confermare l’ovvio. Ma lasciamo per un momento le sceneggiate su Bruxelles e torniamo a un argomento che, sotto l’ombrellone, riscuote sempre un certo successo e offre spunti sociologici non banali: parliamo di Sesso & Potere.

    Mi riferisco a questo disastro di incompetenza familiare, che leggo qui:

    https://d.repubblica.it/culture/dossier/teen-talk/2025/08/05/news/storie_vede_adolescenti_problemi_ho_scoperto_mio_figlio_vede_video_porno-424771258/

    Mi riferisco a questo piccolo disastro di incompetenza familiare, raccontato in un recente articolo di Repubblica (edizione “Teen Talk”, 5 agosto 2025), nel quale una madre — presumibilmente appartenente alla stessa generazione che leggeva Cinquanta sfumature di grigio con l’entusiasmo di chi scopre l’eros grazie alla GDO — si dichiara sconvolta nel trovare sul telefono del figlio quindicenne dei video porno contenenti una certa forma di dominazione maschile sulla donna.

    Suvvia, parliamo di Repubblica — quindi già filtrato, annacquato e perfettamente omologato per un pubblico che spazia dall’insegnante di lettere in pensione alla madre ansiosa col figlio adolescente che “non guarda mai in faccia quando parla”. L’articolo, infiocchettato con il tono finto-preoccupato tipico del giornalismo moraleggiante, si affretta a rassicurare che “è normale, ma inquietante”, che “non bisogna demonizzare, ma riflettere”, e altre formule da catechismo laico.

    Ma la domanda resta:

    Se il contenuto scoperto fosse stato di segno opposto — cioè una donna che domina un uomo — sarebbe stato descritto con lo stesso tono scandalizzato?

    Spoiler: no.

    Da praticante consapevole — e non soltanto sul piano teorico — delle dinamiche di dominazione e sottomissione, mi è chiaro da tempo che il vero problema, in questi casi, non è la dinamica del potere, ma la posizione del potere. La dominazione, pare, è disturbante solo quando a esercitarla è un uomo.


    Il punto — e qui chi ha praticato certe forme di relazione lo sa bene — è che quando vivi direttamente certe esperienze, impari a riconoscere con precisione chirurgica le dinamiche di potere. Non in senso astratto o accademico, ma nella loro concretezza viscerale. E capisci qualcosa che ai teorici da salotto sfugge sempre: il sesso, quello vero, non può prescindere da un gioco — consapevole o meno — di dominio e sottomissione. Non si tratta necessariamente di fruste e corde: si tratta di tensione, asimmetria, influenza, risposta. Senza quella tensione, il sesso diventa un esercizio ginnico tra corpi anaffettivi: insapore, incolore, neutro — e, diciamolo, mortalmente noioso.

    Le dinamiche di potere emergono già nelle fasi preliminari, molto prima che si arrivi al contatto fisico. Quando l’uomo corteggia e la donna seduce, entrambi stanno negoziando, provocando, mettendo in campo segnali, domande, silenzi: ognuna di queste azioni è a tutti gli effetti un gesto di potere. Corteggiare è tentare di orientare il desiderio dell’altro; sedurre è scegliere se concedere l’accesso o meno. È una danza fatta di micromovimenti simbolici, di posture mentali, di piccoli ricatti e grandi concessioni. Tutto questo è potere. E chi finge di non vederlo lo fa solo per comodità ideologica o per paura di perdere il controllo del discorso.

    Chi ha esperienza diretta in questi ambiti lo sa bene: le dinamiche di potere non sono una teoria da manuale universitario, ma una grammatica quotidiana che si esprime in gesti, scelte, ritmi. Prendiamo il corteggiamento: un uomo invita una donna a cena in un ristorante costoso, selezionato con cura non tanto per farle piacere — o non solo — ma per comunicare, in modo neanche troppo velato, il proprio status. È un gesto che parla di disponibilità economica, ma anche di controllo del contesto: è lui a decidere il luogo, il livello, le condizioni. L’ostentazione, qui, non è fine a sé stessa, ma uno strumento di posizionamento. L’offerta non è neutra: è una dichiarazione di potere simbolico, una premessa implicita che plasma il campo da gioco della seduzione.

    In altri casi, il potere si esercita nel controllo dei tempi. Chi impone il ritmo della comunicazione — risponde con lentezza studiata, cancella appuntamenti all’ultimo momento con una scusa elegante, oppure si fa improvvisamente presente dopo ore di silenzio — sta conducendo una danza di gestione dell’attenzione e della disponibilità. È un potere psicologico sottile, quasi invisibile, ma chi lo esercita sa perfettamente come usarlo per spostare l’asse della relazione a proprio favore.

    Anche nella seduzione vera e propria, quando la distanza si accorcia e il corpo entra in gioco, il potere non scompare: cambia forma. C’è chi gioca sul linguaggio corporeo per mantenere il controllo — una distanza leggermente accorciata, una pausa nello sguardo, una voce abbassata di un tono — sono mosse che dirigono l’energia erotica. Oppure c’è chi sceglie di ritrarsi all’improvviso, generando un vuoto percettivo che aumenta l’intensità del desiderio. Anche qui, si tratta di esercitare potere, non per opprimere, ma per creare tensione, per orientare il gioco.

    In ogni caso, il potere è ovunque nel sesso: economico, fisico, simbolico, erotico. Chi lo nega sta mentendo — o a sé stesso, o agli altri.


    L’idiosincrasia più evidente, nel dibattito contemporaneo sul desiderio e sul potere, è il rifiuto ostinato di riconoscere che la carica erotica nasce — quasi sempre — da una tensione di potere. Eppure, proprio questo è l’aspetto che viene sistematicamente negato o ridotto a caricatura, come se fosse un residuo patriarcale da rimuovere. Il problema, però, è che tale tensione viene appiattita su stereotipi stanchi: da un lato, l’uomo che esercita il potere quasi esclusivamente sul piano economico; dall’altro, la donna che, pur avendo accesso a un potere seduttivo potentissimo, fatica a usarlo senza scivolare nel cliché della “prostituta”.

    Non appena una donna trae un vantaggio materiale da una situazione erotica — e parliamo anche solo di una cena in un ristorante costoso o di una notte in un hotel non esattamente economico — la società tende a codificare quell’interazione come scambio, e quindi come sospetta. Come se il piacere femminile, per essere autentico, dovesse sempre avvenire in assenza di qualsiasi ritorno concreto. E questo, paradossalmente, trasforma il potere erotico femminile in qualcosa che dev’essere esercitato in clandestinità simbolica: mai troppo diretto, mai troppo visibile, mai troppo efficace.

    È una forma di controllo culturale ben più sottile e insidiosa del machismo dichiarato: si permette alla donna di sedurre, purché non ottenga nulla in cambio. Il potere maschile è accettato anche quando è rozzo e scoperto; quello femminile, invece, deve restare ineffabile, etereo, quasi gratuito — altrimenti diventa mercenario. Questo doppio standard è il cuore pulsante dell’ipocrisia contemporanea sulle dinamiche di potere nel desiderio.

    Dal lato femminile, però, l’idea stessa di esercitare un potere economico attraverso la propria capacità seduttiva è vissuta con un’ambivalenza feroce. Da un lato, si riconosce — magari solo sottovoce — che la bellezza, il carisma, il desiderio che si riesce a suscitare hanno un valore. Ma dall’altro, non appena questo valore si traduce in una contropartita concreta, anche solo implicita, ecco che subentra la vergogna: l’ombra lunga della prostituzione.

    La donna che ottiene un beneficio materiale grazie alla propria presenza, grazie all’eros che attiva, rischia di essere percepita — e spesso percepirsi — come “degradata”, come se stesse barattando qualcosa di sacro per qualcosa di volgare. È un riflesso culturale antico e persistente: il corpo femminile può ispirare, può suscitare, può perfino scatenare, ma non deve mai ottenere. Il momento in cui ottiene qualcosa — un invito, un regalo, una promozione, un vantaggio — scatta l’accusa: non è più seduzione, è transazione.

    Il paradosso è che questo giudizio arriva tanto dagli uomini quanto da molte donne. È il frutto avvelenato di un’ideologia che ha separato artificiosamente eros e potere, come se l’uno potesse esistere senza l’altro. In realtà, il desiderio è sempre un campo di forze. E la donna che lo sa e lo usa non è “meno donna”, né meno libera: è semplicemente più consapevole. Ma questa consapevolezza, ancora oggi, fa paura.


    Non voglio subentrare nei dettagli. La madre che entra senza bussare in camera tua, ti becca a masturbarti e va a vedere cosa stavi guardando di preciso, poi va a controllare la tua History come un appuntato qualsiasi, e alla fine non solo non chiede scusa , ma va a dirlo al padre. Perche' non ha fatto una foto per metterla su Instagram, a questo punto?

    Quello e' un ragazzo per il quale “casa” e' , oggi, un ambiente ostile e pericoloso, nel quale “mamma”, che oggi e' solo un appuntato dei carabinieri guardone, ha perso ogni connotazione affettiva. Complimenti: casomai non fosse abbastanza chiaro,

    avere un utero e' necessario per essere madri, ma non sufficiente.


    Ma veniamo al punto: ciò che realmente scandalizza la signora non è la sessualità del figlio in sé — che pure viene trattata come se fosse una patologia — bensì il fatto che il materiale a cui lui accede contenga dinamiche esplicite di potere, anche dolorose, anche marcate da un’asimmetria. È come se l’idea stessa che qualcuno possa trarre piacere da un rapporto in cui si gioca con la sottomissione fosse inconcepibile, irricevibile, inaccettabile. Eppure, proprio quel ragazzo — senza istruzioni, senza bibliografia, senza corsi sul consenso performativo — è arrivato per via intuitiva a una conclusione che ha il sapore della verità scomoda: nel sesso il potere c’è sempre.

    Non necessariamente espresso in forme teatrali o ritualizzate. Ma c’è.
    Perché il desiderio non è neutro. Non è una stretta di mano. È tensione, è offerta e conquista, è apertura e rischio, è un trasferimento implicito di potere, che può avvenire in mille modi e in mille forme, ma che esiste sempre. Chi lo nega — chi pretende una sessualità asettica, paritaria, contrattualizzata in ogni sfumatura — non sta difendendo il rispetto: sta negando la natura profonda dell’eros.

    E così accade che il ragazzo, guardando video che suscitano tutto questo scalpore, abbia colto qualcosa che agli adulti sfugge, o che preferiscono non vedere: il sesso non è un luogo di uguaglianza, è un campo di forze, è una coreografia instabile dove i ruoli cambiano, ma il potere non scompare. Cambia solo direzione.

    Questo discorso è scomodo per molte ragioni. Nel mondo postfemminista e postpatriarcale in cui ci muoviamo, dove i maschi si travestono da uomini e le donne da donne — recitando, cioè, ruoli che non corrispondono più a una realtà condivisa, ma a maschere sociali dettate da algoritmi culturali — affrontare seriamente il tema del potere erotico è diventato quasi impossibile.

    Il solo fatto di suggerire che il sesso implichi dinamiche di potere, e che queste non siano necessariamente un male, manda in crisi l’intera architettura ideologica che vorrebbe la sessualità ridotta a un esercizio simmetrico, contrattualizzato, fondamentalmente neutro. Ma se a questo aggiungiamo un pizzico della vecchia cultura puritana anglosassone, il cortocircuito è completo.

    La contaminazione tra sesso e potere, in quel contesto, obbliga a porsi domande che nessuno vuole veramente affrontare. Come, ad esempio: chi ha potere, come lo esercita? In che modo il potere modella il desiderio? E che tipo di desiderio viene attivato dal potere stesso?

    Domande scomode, soprattutto quando il potere non è astratto, ma ha nomi, cognomi, jet privati e liste riservate. Vedi alla voce Epstein Files.

    Ecco perché questo tema viene costantemente rimosso, ridicolizzato o delegittimato. Perché parlare di sesso e potere significa parlare di chi comanda davvero. E questo, in certi ambienti, resta il tabù dei tabù.


    E così la domanda diventa inevitabile:

    la signora si sarebbe scandalizzata altrettanto se, anziché trovare contenuti che raffigurano la dominazione maschile sulla donna, avesse scoperto che il figlio stava guardando film dove è la donna a dominare l’uomo?

    Domanda lecita, eppure già scandalosa nella sola formulazione. Perché costringe a uscire dallo schema preconfezionato in cui solo un certo tipo di esercizio del potere erotico viene percepito come pericoloso, deviante o “da correggere”. L’altro tipo — la dominazione femminile — quando non viene direttamente incoraggiato, viene quantomeno assorbito senza indignazione, talvolta addirittura celebrato come segno di emancipazione.

    Questo doppio standard non nasce dal nulla. È il frutto di una cultura che ha confuso l’uguaglianza con l’unilateralità morale, e che continua a tollerare il potere solo quando a esercitarlo è la parte “giusta” — e mai, mai, quando a esercitarlo è un maschio in un contesto erotico.

    Ma se davvero crediamo che il potere erotico sia pericoloso solo in una direzione, allora non stiamo educando al consenso: stiamo semplicemente sostituendo un tabù con un altro.

    E per concludere, vorrei far notare una cosa semplice, ma cruciale.

    Entrare nella stanza di un ragazzo senza bussare, a qualunque ora e senza preavviso, e poi mettersi a indagare sulla sua sessualità con l’intento di stabilire se sia accettabile oppure no, non è più soltanto una dinamica di potere. Non siamo più nel campo dell’educazione, né in quello della “cura” genitoriale.

    Quello è un atto di tirannia, non di semplice potere.

    È l’imposizione unilaterale di un codice morale, sotto minaccia di giudizio e isolamento. È l’idea che l’intimità dell’altro — specialmente se giovane e maschio — possa essere violata in nome di un bene superiore, stabilito dall’adulto. È l’educazione ridotta a sorveglianza, e la sorveglianza travestita da affetto.

    E a quel punto, la domanda non è più “che video ha visto il ragazzo?”, ma “quale modello di potere ha appena imparato a subire?”

    Quello della tirannia? Della madre? Della donna?

    Di entrambe?

    Uriel Fanelli


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  • Dazi, continua la commedia.
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    Oggi Repubblica ha pubblicato una notizia che non ha alcun riscontro nei documenti ufficiali della UE, ne' da comunicazioni formali. Mi riferisco a questa notizia. Ma non ci sono ancora notizie ufficiali sulla sospensione o sulla proroga dei dazi europei che scatteranno automaticamente il 7 agosto.

    La situazione e' questa:

    • L’unico atto istituzionale ufficiale, valido e pubblicato, è il Regolamento UE 2025/1446, che sospende le misure di controdazi fino al 6 agosto 2025.

    • Non risultano documenti ne' convocazioni formali riconosciute dal Comitato CDP o dalla Commissione o registrate nei calendari istituzionali che aggiungano sospensioni dopo il 6 agosto.

    Che relazione c'e' tra la “lista delle merci” e i dazi?

    Elemento Descrizione
    Lista delle merci Contiene i codici doganali dei prodotti su cui si applicano i dazi potenziali (inclusa nel Reg. UE 2025/1564)
    Accettazione accordo? ❌ Non serve per la lista, serve solo per evitare l'attivazione
    Pubblicazione atti esecutivi Necessaria dopo il 6 agosto per rendere effettivi i dazi
    Entrata in vigore dei dazi ✅ Prevista automaticamente il 7 agosto, se non prorogati

    E rimane interessante notare la strategia dei giornali italiani. Perche' ci spiega la strategia dei suoi (((padroni))).


    Che cosa stanno facendo (((i giornali italiani))).

    • Stanno convincendo la popolazione che la Von Der Leyen avrebbe firmato un trattato dove accetta la proposta americana, in qualche modo.

    • Adesso che gli USA hanno messo i loro dazi con un executive order, cioe' unilateralmente, stanno facendo credere che questo fosse concordato con la UE.

    • Stanno cercando di passare la notizia che la EU starebbe cancellando la minaccia dei suoi dazi, a costo di inventare notizie false.

    Qual'e' lo scopo? La comparsa di “notizie” sulla possibile caduta della Von Der Leyen fanno capire quale sia il loro wishful thinking.

    Tutto questo serve , nella speranza di costringere la Von Der Leyen a dimettersi, e nascondere il fatto che i piu' “intenzionati a cedere” non fossero gli uomini di bruxelles, ma i vari governi nazionali.

    MA specialmente, il fatto che i (((padroni))) dei giornali amano sempre meno la UE e i paesi costituenti: ormai molti stanno cominciando a protestare davvero per la pulizia etnica in corso a Gaza, e sempre di piu' stanno riconoscendo la Palestina come nazione.

    Di conseguenza, i (((giornali italiani))) partecipano a questa campagna contro la Von der Leyen.


    Si dimettera'? Non credo. Ne ha passate di peggio. Ma se la costringessero a farlo, l'unica leva che hanno, o quasi e' quella di socialisti e verdi. Ma i socialisti sono comprabilissimi, mentre il vero fulcro del problema sono i Verdi.

    Perche' (((quelli che stanno gestendo))) questa character assassination sono, come capita spesso alla (((tribu' ))) che sta dietro, accecati dall'odio. Per cui (((essi))) ragionano a breve termine.

    Cosa intendo dire? Intendo dire che se si dovesse dimettere la Von Der LAyen, in pole position c'e', per via dei Verdi che ho menzionato sopra, la Baerbock. Si, proprio lei: Annalena Baerbock (Annalena Charlotte Alma Baerbock).

    Ex ministro degli esteri nello scorso governo, proveniente dal partito dei Verdi tedeschi. La persona che riuscirebbe, se proposta dai popolari, o PPE, oggi a trazione tedesca, a spostare il voto dei Verdi nel parlamento UE.

    Il che sarebbe, a lungo termine, un bel colpo per chi (((sta gestendo questa character assassination))) , ma solo a livello tedesco, visto che alla fine, i Verdi tedeschi sulla questione israeliani e' questa:

    Soggetto Posizione ufficiale
    Partito Verde (a livello nazionale) Chiede cessate il fuoco, embargo armi e protezione dei civili
    Annalena Baerbock Condanna espulsioni forzate, accetta autodifesa di Israele solo se proporzionata
    Robert Habeck Rifiuta l'etichetta di genocidio, critica operazioni militari sproporzionate

    mentre quella dei verdi europei e' questa:

    Aspetto Posizione dei Verdi Europei (Greens/EFA)
    Condanna Hamas ✅ Forte e inequivocabile
    Condanna azioni israeliane ✅ Condanna della violenza sproporzionata e delle violazioni dei diritti umani
    Cessate il fuoco ✅ Richiesto immediatamente e permanentemente
    Riconoscimento Stato di Palestina ✅ Inclusa in una soluzione a due Stati
    Sanzioni e embargo armi ✅ Sospensione dell’Accordo UE–Israele + embargo sulle armi
    Riconoscimento pulizia etnica/genocidio ❌ Non dichiarano l’uso di quel termine esplicitamente

    che e' molto piu' scomoda di israele.

    Aspetto Verdi tedeschi (Bündnis 90/Die Grünen) Verdi europei (European Green Party / Greens–EFA)
    Condanna di Hamas ✅ Sì, ferma condanna degli attacchi terroristici ✅ Sì, condanna inequivocabile
    Riconoscimento del diritto all'autodifesa di Israele ✅ Sì, ma condizionato al rispetto del diritto internazionale ⚠️ Non negato, ma meno enfatizzato; focus sulla protezione dei civili
    Condanna azioni israeliane ⚠️ Critica selettiva (es. Rafah), ma senza uso di termini giuridici forti ✅ Condanna chiara della violenza sproporzionata e violazioni del diritto
    Cessate il fuoco ✅ Richiesto, insieme ad accesso umanitario e protezione dei civili ✅ Richiesto immediatamente e in modo permanente
    Espulsioni/trasferimenti forzati ❌ Non usano termini come “pulizia etnica”, ma condannano gli spostamenti forzati ⚠️ Non usano quel termine, ma evocano violazioni gravi dei diritti umani
    Riconoscimento Stato di Palestina ⚠️ Non esplicitato a livello nazionale ✅ Richiesto come parte della soluzione a due Stati
    Embargo armi verso Israele ⚠️ Appelli parziali o ambigui (es. “esportazioni sotto controllo”) ✅ Richiesto esplicitamente
    Sospensione accordo UE–Israele ❌ Non affrontato a livello nazionale ✅ Richiesto con riferimento all’art. 2 dell’Accordo di Associazione
    Termini come “genocidio” o “pulizia etnica” ❌ Evitati esplicitamente o contestati (Habeck) ❌ Non usati formalmente, ma si richiede azione giudiziaria presso la CPI
    Partecipazione a proteste di piazza ❌ Nessun coinvolgimento ufficiale ⚠️ Non organizzano proteste, ma sostengono attivismo civile pro-diritti

    Come vedete, l'arrivo della Baerbock potrebbe cambiare i verdi europei su una posizione filotedesca, oppure cambiare i verdi tedeschi versi una posizione piu' europea. Si tratta di un'incognita pesante.

    Ma la costante rimane questa. (((Chi))) sta gestendo la character assassination della Von der Leyen spera che la persona che verra' dopo, la Baerbock, sia piu' morbida verso Israele.


    Qualcuno dice che pero' anziche' la Baerbock potrebbe arrivare Mario Draghi. Le probabilita' sono semplicemente nulle. Per diversi motivi.

    Fattore Statuto di Draghi come successore di von der Leyen
    Interesse personale al ruolo ❌ Ha dichiarato di non essere interessato
    Appartenenza politica europea ❌ Non affiliato a nessun gruppo parlamentare europeo
    Processo di nomina (art.17 TUE) ⚠️ Serve sostegno da Consiglio europeo e Parlamento
    Sostegno elettorale/spitzenkandidat ❌ Nessuna designazione da EPP o altra grande famiglia
    Sostegno politico tra leader UE ⚠️ Rumors su Macron, ma mancanza di consenso unanime

    Quindi, rimango dell'opinione che tutta la character assassination sia dovuta al tentativo, di una (((certa stampa))) di far cadere la Von Der Leyen, a favore della Baerbock.

    Piano, detto come va detto, abbastanza fumoso.

    Uriel Fanelli


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  • Sul Dudes Club
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    Il Dudes Club ha recentemente cambiato pelle: siamo passati da una struttura in stile social network federato a un vero e proprio forum federato. Non si tratta solo di un cambiamento tecnico o di piattaforma, ma di una trasformazione più profonda, che porta con sé diverse implicazioni, vantaggi concreti e nuove dinamiche che sto iniziando a osservare con interesse. Ci sono molti motivi dietro questa scelta, e altrettanti aspetti positivi che stanno emergendo. Ma andiamo con ordine: è meglio affrontare ogni punto per gradi.

    Per chi non lo sapesse, il dudes club e' questo:

    https://dudes.keinpfusch.net/

    E se andate nella categoria “Moderazione” trovate:

    • Lo spirito del club
    • Le regole.
    • Le T&C

    Il risultato e' il seguente forum:

    forum


    Perché un'area non pubblica, come “Cose da Maschi”?

    Quando vi iscrivete al Dudes Club, all’inizio vedrete soltanto l’Area Pubblica. È lì che inizia tutto: si chiacchiera, ci si conosce, si scambiano battute e opinioni. Poi, con il tempo e un minimo di partecipazione, potreste essere “promossi” a Dudi — e allora vi si aprirà anche l’accesso all’area riservata delle Cose da Maschi.

    Il forum, basato su NodeBB, ci offre un sistema intelligente di gestione dei gruppi: chi partecipa in modo attivo può diventare Dudi in modo del tutto automatico, senza che sia necessario l'intervento del moderatore. Una piccola meraviglia tecnologica, che ha semplificato non poco la vita.

    Rispetto ai tempi passati, in cui dovevo mettermi a smanettare manualmente per concedere o revocare i permessi, questo sistema è una benedizione. Mi regala ore preziose che posso finalmente dedicare ad attività squisitamente maschili — e rigorosamente teutoniche — come, per esempio, invadere la Polonia (in senso figurato, naturalmente… più o meno).

    Detto ciò, nei casi eccezionali posso sempre intervenire anche a mano: aggiungere o rimuovere qualcuno dal gruppo dei Dudi resta una prerogativa del moderatore. Ma preferisco che sia l’automatismo a fare il grosso del lavoro: è più efficiente, meno arbitrario e molto più in linea con lo spirito del forum.

    Sì, ma perché?

    Perché gestire la visibilità di alcuni post o interi thread all’interno di un social network si è rivelato, nei fatti, quasi impossibile. Nella vecchia versione del Dudes Club, chi voleva affrontare temi più delicati — come la salute maschile — si trovava subito in difficoltà. Se osservate l'immagine attuale del forum, noterete subito una sezione dedicata proprio a questo: si chiama Salute, ed è pensata per parlare liberamente di questioni legate al corpo e alla psiche degli uomini.

    Eppure, nella precedente incarnazione del club, molti si facevano mille scrupoli anche solo ad accennare a certi temi. Nessuno — ripeto, NESSUNO, a quanto pare — ha mai avuto bisogno del Viagra o del Cialis, quindi scambiarsi esperienze era diventato un tabù. La sola parola “prostata” sembrava bandita, e il fatto che ciò fosse percepito come normale mi colpì profondamente. In un contesto pubblico, anche ammettere di avere un problema serio diventava quasi un atto eroico.

    Un sistema come quello attuale, che permette di decidere quali forum federare e quali invece tenere nascosti o riservati a certi gruppi, crea un ambiente molto più adatto alla discussione autentica. Ricordo bene come, nella versione precedente del club, bastò la mancanza di quel minimo senso di “spogliatoio”, di branco consapevole, per far spegnere sul nascere interi thread pieni di potenziale. Era evidente che senza uno spazio davvero protetto, anche le conversazioni più necessarie diventavano impossibili.

    Non a caso, ho riproposto esattamente gli stessi due thread nella nuova versione del forum. E il risultato è stato radicalmente diverso: più partecipazione, più sincerità, meno imbarazzi. Segno che lo spazio fa la differenza, eccome.

    Un discorso simile vale anche per il forum Ragazze Sgargianti, dove si dà voce e forma all’immaginario erotico maschile. Prova ad aprirlo in un qualsiasi altro punto del Fediverso, e nel giro di pochi minuti ti ritrovi sommerso da lamentele sul feed. Il tutto nel nome del nuovo neopuritanesimo digitale e del linguaggio aziendalizzato, dove un post considerato “troppo nudo” non è mai definito “pornografico”, ma semplicemente NSFW — dove la “W” sta per “Work”, a sottolineare come anche l’erotismo, ormai, debba essere compatibile con l’ambiente da ufficio.

    E naturalmente, arrivano puntuali le solite femministe livorose e frustrate a spiegarti in tono pedagogico come dovrebbe essere il tuo immaginario erotico per risultare finalmente “emancipato dal Patriarcato”.
    Ma no, signorine, anche no. Con tutto il rispetto, i nostri sogni ce li raccontiamo tra di noi. Come sempre.


    No, cari woke, non è un “Safe Space”

    Qualche voce proveniente dal solito angolo “woke” ha commentato con tono acido che quello che abbiamo creato sarebbe, in fin dei conti, un concetto preso in prestito dai campus americani. Per l'esattezza, un Safe Space.

    Peccato che non sia affatto così.

    Il concetto di Safe Space, come si è sviluppato nei college statunitensi, è fondato su un presupposto chiaro: regole, regole, regole. Liste infinite di codici linguistici, linee guida comportamentali e limiti a ciò che si può o non si può dire. Il risultato? Uno spazio apparentemente “protetto”, ma di fatto castrato dalla logica del politicamente corretto. All’interno di un Safe Space, non solo non puoi dire tutto — puoi dire molte, moltissime meno cose.

    Noi, al contrario, abbiamo creato qualcosa di profondamente diverso. La nostra zona riservata, dichiaratamente maschile, non è stata pensata per restringere il campo della parola, ma per ampliarlo. È uno spazio in cui è possibile parlare con franchezza, senza dover continuamente autocensurarsi o camminare sulle uova per non “urtare i sentimenti altrui”.

    Non è un ambiente ovattato per anime fragili. È un luogo libero. Non protegge le sensibilità ipertrofiche, ma tutela la possibilità di esprimersi senza filtri, con onestà e senso di appartenenza. È stato costruito per permettere di dire più cose, non meno.

    Quindi no, mi dispiace — anzi, non tanto — ma quello che abbiamo costruito non è un Safe Space.

    È un Freedom Space. E non abbiamo nessuna intenzione di chiamarlo in altro modo.


    Andiamo ai meccanismi sociologici che sto notando

    Cominciamo da un aspetto tecnico ma non trascurabile: lo spazio federa, sì, ma con alcune eccezioni. Questo perché la federazione su NodeBB è ancora in fase di sviluppo, procede a piccoli passi e richiede un po’ di pazienza.

    Trovate più dettagli qui

    Detto questo, vale la pena concentrarsi sugli effetti sociologici che sto osservando e che mi sembrano tutt’altro che marginali. Ho già accennato a un netto miglioramento, sia nella partecipazione degli utenti sia nella profondità con cui vengono affrontati i temi. Questo cambiamento è evidente e significativo.

    Evitiamo pure di parlare dei limiti strutturali imposti dai social network tradizionali: Mastodon con i suoi 500 caratteri, per fare un esempio, non è altro che una copia del peggior Twitter, quello più superficiale e sincopato, dove l'approfondimento è non solo disincentivato, ma reso tecnicamente impossibile. Conta piu' essere “simpatici” che essere intelligenti. Cool before of important.

    Ma il vero problema dei social con la “timeline” è un altro, più subdolo: il tempo. Sei costretto a rispondere subito, altrimenti il messaggio a cui volevi reagire scompare nel flusso inarrestabile della cronologia. E quando il contenuto scorre via, nella maggior parte dei casi non torni più indietro.
    Il risultato? Interazioni frettolose, pensieri interrotti, conversazioni che evaporano.

    Nel forum, invece, tutto questo non succede. Le persone si sentono libere di rispondere anche a un messaggio vecchio di una settimana — e va benissimo così. Nessuno si aspetta l’immediatezza. Nessuno pretende una reazione in tempo reale. E proprio questa assenza di ansia, di pressione sociale a “stare sul pezzo”, rende il dialogo più rilassato, più denso, più ragionato.

    In altre parole: non c’è alcuna assunzione di sincronicità. Il tuo messaggio verrà letto e riceverà risposta, prima o poi. Quando qualcun altro avrà tempo, voglia, o ispirazione per farlo. Magari dopo averci riflettuto.

    Ed è proprio questa lentezza intenzionale a fare la differenza: restituisce dignità alla parola scritta, e spessore al pensiero.


    Ecco, adesso l'ho detto. Rispetto ai forum online, che erano la realta' prima dei social network, questi ultimi sono molto piu' superficiali, incompleti, e ansiogeni.

    E adesso vediamo, anche,, come federa questo post da Writefreely a NodeBB.

    Uriel Fanelli


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