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PostsLa democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.
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somedude non puoi approcciare problemi sociali in termini di “individuo”.
la statistica non da’ molto peso a campioni di un solo elemento…
somedude non puoi approcciare problemi sociali in termini di “individuo”.
Pure l’intera coorte (150 milioni di nati l’anno) attraversa tutte le summenzionate fasce di età, salvo quelli che ci restano secchi prima.
Comunque “non puoi approcciare problemi … in termini di individuo” è precisamente il motivo per cui all’inizio dicevo che mettersi a studiare la “possibilità di emergere”, laddove “emergere” è una cosa strettamente biografica/individuale, rischia di produrre risultati inconsistenti a meno di andarci coi piedi di piombo.
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somedude non puoi approcciare problemi sociali in termini di “individuo”.
Pure l’intera coorte (150 milioni di nati l’anno) attraversa tutte le summenzionate fasce di età, salvo quelli che ci restano secchi prima.
Comunque “non puoi approcciare problemi … in termini di individuo” è precisamente il motivo per cui all’inizio dicevo che mettersi a studiare la “possibilità di emergere”, laddove “emergere” è una cosa strettamente biografica/individuale, rischia di produrre risultati inconsistenti a meno di andarci coi piedi di piombo.
vero. ma se scompare il ceto medio, e hai modellizzato il ceto per eta’, sai anche quale fascia di eta’ si e’ impoverita.
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vero. ma se scompare il ceto medio, e hai modellizzato il ceto per eta’, sai anche quale fascia di eta’ si e’ impoverita.
Amiga Unicorn Ottima osservazione.
È vero.Unico dubbio: siamo sicuri che l’arricchimento dell’attuale ceto medio non sia semplicemente delayed dall’aumento dell’età pensionabile e dalla concentrazione della ricchezza nelle mani della coorte precedente per effetto del boom transitorio che hanno esperito?
Ovvero, quando i vecchi crepano prima o poi i figli ereditano il Cayenne e i conti tra generazioni tornano in pari.
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l’eredità non è capacità di emergere ma “se tutto va bene” mantenimento dello status quo.
In generale noto come, in italia, l’ascensore sociale sia di fatto bloccato o al massimo è diventato uno scivolo…
difficile “salire di livello”, facile “scendere di livello”.
Mio padre era figlio di operai e si è laureato, il passaggio di tenore di vita è stato marcato, ma non marcato come se mio nonno si fosse laureato tra simili.
Io mi son laureato e il tenore di vita è notevolmente inferiore al tenore di vita che mio padre aveva “da laureato”.
questo perchè la laurea ormai, in italia, ha di fatto perso importanza.
Se per “impoverimento del ceto medio” intendiamo il potere di acquisto del ceto medio, questo si è eroso nel tempo in maniera incontrovertibile.
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Amiga Unicorn Ottima osservazione.
È vero.Unico dubbio: siamo sicuri che l’arricchimento dell’attuale ceto medio non sia semplicemente delayed dall’aumento dell’età pensionabile e dalla concentrazione della ricchezza nelle mani della coorte precedente per effetto del boom transitorio che hanno esperito?
Ovvero, quando i vecchi crepano prima o poi i figli ereditano il Cayenne e i conti tra generazioni tornano in pari.
somedude said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
Unico dubbio: siamo sicuri che l’arricchimento dell’attuale ceto medio
non esiste alcun arricchimento dell’attuale ceto medio, sono quasi estinti.
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somedude said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
Unico dubbio: siamo sicuri che l’arricchimento dell’attuale ceto medio
non esiste alcun arricchimento dell’attuale ceto medio, sono quasi estinti.
“…non sia semplicemente delayed”.
Ovvero: non stia ancora accadendo ma non significa che non accadrà prima che la coorte che rappresenta l’attuale ceto medio (perché abbiamo preso l’assunto che parzialmente ceto <=> generazione) finisca in tomba.
Ipotesi, eh.
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somedude said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
Non è una proprietà di tutta, o sola, una generazione, e non ha a che fare col concetto di emergere (svettare, confrontarsi positivamente con i propri pari).
Ahm… si, lo e’.
Generalmente per essere “ceto medio” hai delle eta’ di riferimento. Quindi si, si possono modellizzare le cose in questo modo.
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Working class (operai, servizi manuali, alcuni impieghi del terziario): prevale tra 25–60, con concentrazione 30–50. Spesso redditi medi/bassi, meno patrimonio, case in periferia. Giovani 16–24 entrano spesso qui come primi lavori.
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Middle class (impiegati, piccoli professionisti, insegnanti, tecnici): forte presenza tra 30–55; tipicamente coppie che comprano casa, figli, mutuo, risparmio moderato.
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Upper middle / professional class (medici, avvocati, manager, ingegneri senior): frequente 35–60; alti redditi da lavoro, maggiore istruzione, patrimonio in crescita.
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Upper class / elite (capitali, grandi proprietari, alte cariche): trasversale per età ma tende a concentrarsi in 45+ dove il capitale accumulato diventa significativo. Ci sono però giovani ricchi (tech founders) nelle fasce 25–40.
Inoltre, puoi caratterizzare per eta’ l’apice del reddito.
Esempi rapidi:
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Working class, 38 anni → lavora a turni, contratto a tempo indeterminato ma paga limitata, vive in appartamento periferico, auto vecchia.
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Middle class, 42 anni → impiegato pubblico, mutuo, vacanze estive annuali, risparmi modesti.
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Upper class, 55 anni → azionista, seconda casa, scuole private per figli, viaggi internazionali frequenti.
Amiga Unicorn no non ha l’età di mezzo
Il ceto medio ha due definizioni, una economica ed una sociologica. Quando lavoravo al politecnico di Milano feci ricerca sulle dinamiche della classe media in Italia.
Dal punto di vista economico le classi si distinguono per reddito, dal punto di vista sociale per istruzione e status.La classe media dal punto di vista economico sostanzialmente non è variata. Appartenere alla classe media significa avere un reddito compreso tra il 75% e il 200% del reddito mediano disponibile. La differenza con il passato è che i lavori autonomi non ne fanno più parte, ma sono divenuti working class, e parte dei lavoratori qualificati, ad esempio molti docenti delle scuole superiori.
Il reddito disponibile è la vera discriminante. Se hai solo abbastanza per i consumi essenziali, sei sotto o al limite della classe media sei working class o working poor.
Se il tuo reddito ti permette di accumulare un po’ di risparmio, di consumare beni discrezionali (viaggi, elettronica, ristoranti, cultura) e magari investire in istruzione per i figli o in un mutuo, allora sei classe media.Se invece hai talmente tanto che il consumo non è più il problema e inizi a vivere di rendite, non sei più “middle”, sei upper class.
Dal punto di vista sociologico la classe si basa sulla letteratura stratificazionista che si occupa della stratificazione sociale della società. Essa si basa su tre pilastri reddito, istruzione, occupazione.
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- Occupazione: qui la classe media coincide spesso con le professioni intermedie e non manuali: impiegati, tecnici, insegnanti, funzionari, piccoli imprenditori, artigiani qualificati.
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- Istruzione: La classe media è caratterizzata da un livello di istruzione medio-alto rispetto alla popolazione generale.
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- Reddito: Il reddito viene visto in termini di posizione relativa nella distribuzione sociale. La classe media può consumare e risparmiare, ha accesso a beni culturali e servizi, ma non dispone di grandi patrimoni.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change, ossia i lavoratori high skilled non hanno avuto il premio per i loro investimenti in istruzione, mentre il mercato del lavoro cerca lavoratori mid-low skilled. Con lo Skill biases technical change crescono salari e opportunità per chi ha alte skill, si comprimono o spariscono quelle per chi ne ha poche. Infatti, l’Italia paga un divario di produttività fortissimo con l’Europa continentale, gli US che si riverbera sui salari. Tutti ora si lamentano che i salari sono bassi, ma i lavori che fanno, dovrebbero in genere essere pagati ancora meno, mentre i lavori che non sanno fare, dovrebbero essere pagati molto di più.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change. Con esso i laureati e chi ha competenze avanzate dovrebbero essere premiati con salari alti e prospettive migliori, mentre le mansioni poco qualificate dovrebbero stagnare o sparire. In Italia questo non è avvenuto la domanda di lavoro si è concentrata su profili mid-low skilled (settore dei servizi tradizionali, commercio, turismo, piccola manifattura), mentre i lavori ad alta intensità di competenze sono rimasti pochi e mal retribuiti.
Il risultato è una anomalia:
I salari sono compressi in basso per tutti.
I laureati non vedono un “premio all’istruzione” (anzi spesso guadagnano poco più di un diplomato).
Le imprese non riescono (o non vogliono) assorbire figure altamente specializzate, e questo si traduce in un gap di produttività strutturale con altri paesi.
Ecco perché la classe media in Italia ha mantenuto una relativa stabilità, sia economica che sociale: non essendoci stata un’esplosione della domanda di high-skilled workers, non si è creata quella forbice salariale tipica degli Stati Uniti o del Nord Europa.
Molti lavori che oggi esistono in Italia sono ultra-pagati rispetto alla loro produttività reale (pensiamo a settori protetti, pubblica amministrazione, micro-servizi).
Al contrario, i lavori davvero rari e ad alto skill, che altrove sono strapagati, qui vengono trattati come se fossero sostituibili. Poi le aziende falliscono e danno la colpa all’Europa e all’Euro.
Questo genera frustrazione collettiva: tutti si lamentano dei salari bassi, ma il vero problema è che l’Italia non ha mai riallineato salari, competenze e produttività, ma se lo facesse ¾ della gente dovrebbe prendersi la metà di quello che prende ora, perché nelle aziende medie sono in genere degli incompetenti. -
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Amiga Unicorn no non ha l’età di mezzo
Il ceto medio ha due definizioni, una economica ed una sociologica. Quando lavoravo al politecnico di Milano feci ricerca sulle dinamiche della classe media in Italia.
Dal punto di vista economico le classi si distinguono per reddito, dal punto di vista sociale per istruzione e status.La classe media dal punto di vista economico sostanzialmente non è variata. Appartenere alla classe media significa avere un reddito compreso tra il 75% e il 200% del reddito mediano disponibile. La differenza con il passato è che i lavori autonomi non ne fanno più parte, ma sono divenuti working class, e parte dei lavoratori qualificati, ad esempio molti docenti delle scuole superiori.
Il reddito disponibile è la vera discriminante. Se hai solo abbastanza per i consumi essenziali, sei sotto o al limite della classe media sei working class o working poor.
Se il tuo reddito ti permette di accumulare un po’ di risparmio, di consumare beni discrezionali (viaggi, elettronica, ristoranti, cultura) e magari investire in istruzione per i figli o in un mutuo, allora sei classe media.Se invece hai talmente tanto che il consumo non è più il problema e inizi a vivere di rendite, non sei più “middle”, sei upper class.
Dal punto di vista sociologico la classe si basa sulla letteratura stratificazionista che si occupa della stratificazione sociale della società. Essa si basa su tre pilastri reddito, istruzione, occupazione.
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- Occupazione: qui la classe media coincide spesso con le professioni intermedie e non manuali: impiegati, tecnici, insegnanti, funzionari, piccoli imprenditori, artigiani qualificati.
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- Istruzione: La classe media è caratterizzata da un livello di istruzione medio-alto rispetto alla popolazione generale.
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- Reddito: Il reddito viene visto in termini di posizione relativa nella distribuzione sociale. La classe media può consumare e risparmiare, ha accesso a beni culturali e servizi, ma non dispone di grandi patrimoni.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change, ossia i lavoratori high skilled non hanno avuto il premio per i loro investimenti in istruzione, mentre il mercato del lavoro cerca lavoratori mid-low skilled. Con lo Skill biases technical change crescono salari e opportunità per chi ha alte skill, si comprimono o spariscono quelle per chi ne ha poche. Infatti, l’Italia paga un divario di produttività fortissimo con l’Europa continentale, gli US che si riverbera sui salari. Tutti ora si lamentano che i salari sono bassi, ma i lavori che fanno, dovrebbero in genere essere pagati ancora meno, mentre i lavori che non sanno fare, dovrebbero essere pagati molto di più.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change. Con esso i laureati e chi ha competenze avanzate dovrebbero essere premiati con salari alti e prospettive migliori, mentre le mansioni poco qualificate dovrebbero stagnare o sparire. In Italia questo non è avvenuto la domanda di lavoro si è concentrata su profili mid-low skilled (settore dei servizi tradizionali, commercio, turismo, piccola manifattura), mentre i lavori ad alta intensità di competenze sono rimasti pochi e mal retribuiti.
Il risultato è una anomalia:
I salari sono compressi in basso per tutti.
I laureati non vedono un “premio all’istruzione” (anzi spesso guadagnano poco più di un diplomato).
Le imprese non riescono (o non vogliono) assorbire figure altamente specializzate, e questo si traduce in un gap di produttività strutturale con altri paesi.
Ecco perché la classe media in Italia ha mantenuto una relativa stabilità, sia economica che sociale: non essendoci stata un’esplosione della domanda di high-skilled workers, non si è creata quella forbice salariale tipica degli Stati Uniti o del Nord Europa.
Molti lavori che oggi esistono in Italia sono ultra-pagati rispetto alla loro produttività reale (pensiamo a settori protetti, pubblica amministrazione, micro-servizi).
Al contrario, i lavori davvero rari e ad alto skill, che altrove sono strapagati, qui vengono trattati come se fossero sostituibili. Poi le aziende falliscono e danno la colpa all’Europa e all’Euro.
Questo genera frustrazione collettiva: tutti si lamentano dei salari bassi, ma il vero problema è che l’Italia non ha mai riallineato salari, competenze e produttività, ma se lo facesse ¾ della gente dovrebbe prendersi la metà di quello che prende ora, perché nelle aziende medie sono in genere degli incompetenti.bello.
Ma mi spieghi che cosa, in tutto quello che hai detto, impedirebbe di fare statistica sull’eta’ di ogni classe sociale economica, ed esaminare la distribuzione per eta’ dei suoi membri?
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bello.
Ma mi spieghi che cosa, in tutto quello che hai detto, impedirebbe di fare statistica sull’eta’ di ogni classe sociale economica, ed esaminare la distribuzione per eta’ dei suoi membri?
Amiga Unicorn nulla te lo impedisce, anzi prendi i dati Shiw di banca d’italia e fallo.
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Amiga Unicorn nulla te lo impedisce, anzi prendi i dati Shiw di banca d’italia e fallo.
qui le eta’ di ingresso e le eta’ medie.
Classe sociale Età ingresso lavoro Reddito tipico annuo (lordo) Fonte principale Ceto medio 24-26 anni 16.000-35.000 € Censis, Istat [1][46][49] Classi lavoratrici 20-22 anni 13.000-22.000 € Istat, Assolavoro [34][46][49] Classi ricche 27-29 anni >60.000 € Censis, analisi [1][36][47] Fonti chiave:
[1] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI CIDA CENSIS 22 maggio 2025.pdf
[34] https://assolavoro.eu/wp-content/uploads/2025/05/Vademecum-Assolavoro-La-somministrazione-e-le-Agenzie-per-il-Lavoro-Maggio-2025_.pdf
[36] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-nuovo-sogno-del-ceto-medio-italiano-e-far-emigrare-i-figli
[46] https://www.instagram.com/p/Cn1kC6WK5Sc/
[47] https://edunews24.it/lavoro/riduzione-irpef-per-il-ceto-medio-cosa-cambia-con-la-nuova-riforma-fiscale-2025
[49] https://www.blastonline.it/p/che-fine-ha-fatto-il-ceto-medio-scivolaClasse sociale Età media stimata (2025) % della popolazione Reddito medio annuo lordo (€) Fonte principale Ceto medio Circa 52 anni 54-60% 22.500 - 35.000 Censis, Istat [1][62][49] Classi lavoratrici 44-45 anni 22-25% 13.000 - 22.000 Istat, Assolavoro [34][62] Classi ricche 48 anni 7-8% > 60.000 Censis, analisi [1][47][65] Media nazionale 46,8 anni 100% ~30.000 Istat [13][16] Fonti chiave:
[1] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI CIDA CENSIS 22 maggio 2025.pdf
[13] https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/05/RA-2025-volume-integrale.pdf
[16] https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/05/Sintesi-Rapporto-Annuale-2025.pdf
[34] https://assolavoro.eu/wp-content/uploads/2025/05/Vademecum-Assolavoro-La-somministrazione-e-le-Agenzie-per-il-Lavoro-Maggio-2025_.pdf
[47] https://edunews24.it/lavoro/riduzione-irpef-per-il-ceto-medio-cosa-cambia-con-la-nuova-riforma-fiscale-2025
[49] https://www.blastonline.it/p/che-fine-ha-fatto-il-ceto-medio-scivola
[62] https://www.money.it/se-hai-questo-reddito-appartieni-classe-media-italia-tabelle-aggiornate
[65] https://blog.moneyfarm.com/it/finanza-personale/stipendio-medio-italia/ -
qui le eta’ di ingresso e le eta’ medie.
Classe sociale Età ingresso lavoro Reddito tipico annuo (lordo) Fonte principale Ceto medio 24-26 anni 16.000-35.000 € Censis, Istat [1][46][49] Classi lavoratrici 20-22 anni 13.000-22.000 € Istat, Assolavoro [34][46][49] Classi ricche 27-29 anni >60.000 € Censis, analisi [1][36][47] Fonti chiave:
[1] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI CIDA CENSIS 22 maggio 2025.pdf
[34] https://assolavoro.eu/wp-content/uploads/2025/05/Vademecum-Assolavoro-La-somministrazione-e-le-Agenzie-per-il-Lavoro-Maggio-2025_.pdf
[36] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-nuovo-sogno-del-ceto-medio-italiano-e-far-emigrare-i-figli
[46] https://www.instagram.com/p/Cn1kC6WK5Sc/
[47] https://edunews24.it/lavoro/riduzione-irpef-per-il-ceto-medio-cosa-cambia-con-la-nuova-riforma-fiscale-2025
[49] https://www.blastonline.it/p/che-fine-ha-fatto-il-ceto-medio-scivolaClasse sociale Età media stimata (2025) % della popolazione Reddito medio annuo lordo (€) Fonte principale Ceto medio Circa 52 anni 54-60% 22.500 - 35.000 Censis, Istat [1][62][49] Classi lavoratrici 44-45 anni 22-25% 13.000 - 22.000 Istat, Assolavoro [34][62] Classi ricche 48 anni 7-8% > 60.000 Censis, analisi [1][47][65] Media nazionale 46,8 anni 100% ~30.000 Istat [13][16] Fonti chiave:
[1] https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI CIDA CENSIS 22 maggio 2025.pdf
[13] https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/05/RA-2025-volume-integrale.pdf
[16] https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/05/Sintesi-Rapporto-Annuale-2025.pdf
[34] https://assolavoro.eu/wp-content/uploads/2025/05/Vademecum-Assolavoro-La-somministrazione-e-le-Agenzie-per-il-Lavoro-Maggio-2025_.pdf
[47] https://edunews24.it/lavoro/riduzione-irpef-per-il-ceto-medio-cosa-cambia-con-la-nuova-riforma-fiscale-2025
[49] https://www.blastonline.it/p/che-fine-ha-fatto-il-ceto-medio-scivola
[62] https://www.money.it/se-hai-questo-reddito-appartieni-classe-media-italia-tabelle-aggiornate
[65] https://blog.moneyfarm.com/it/finanza-personale/stipendio-medio-italia/Amiga Unicorn minchia, sono ricco ma ho le pezze al culo… lupo solitario anche dal punto di vista statistico.
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Amiga Unicorn minchia, sono ricco ma ho le pezze al culo… lupo solitario anche dal punto di vista statistico.
teflon said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
minchia, sono ricco ma ho le pezze al culo… lupo solitario anche dal punto di vista statistico.
stavo pensando lo stesso !
sono ricco e non lo sapevo ! -
mi piacerebbe vedere un’infografica con il range di reddito considerato "medio’ per nazione
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mi piacerebbe vedere un’infografica con il range di reddito considerato "medio’ per nazione
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Amiga Unicorn no non ha l’età di mezzo
Il ceto medio ha due definizioni, una economica ed una sociologica. Quando lavoravo al politecnico di Milano feci ricerca sulle dinamiche della classe media in Italia.
Dal punto di vista economico le classi si distinguono per reddito, dal punto di vista sociale per istruzione e status.La classe media dal punto di vista economico sostanzialmente non è variata. Appartenere alla classe media significa avere un reddito compreso tra il 75% e il 200% del reddito mediano disponibile. La differenza con il passato è che i lavori autonomi non ne fanno più parte, ma sono divenuti working class, e parte dei lavoratori qualificati, ad esempio molti docenti delle scuole superiori.
Il reddito disponibile è la vera discriminante. Se hai solo abbastanza per i consumi essenziali, sei sotto o al limite della classe media sei working class o working poor.
Se il tuo reddito ti permette di accumulare un po’ di risparmio, di consumare beni discrezionali (viaggi, elettronica, ristoranti, cultura) e magari investire in istruzione per i figli o in un mutuo, allora sei classe media.Se invece hai talmente tanto che il consumo non è più il problema e inizi a vivere di rendite, non sei più “middle”, sei upper class.
Dal punto di vista sociologico la classe si basa sulla letteratura stratificazionista che si occupa della stratificazione sociale della società. Essa si basa su tre pilastri reddito, istruzione, occupazione.
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- Occupazione: qui la classe media coincide spesso con le professioni intermedie e non manuali: impiegati, tecnici, insegnanti, funzionari, piccoli imprenditori, artigiani qualificati.
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- Istruzione: La classe media è caratterizzata da un livello di istruzione medio-alto rispetto alla popolazione generale.
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- Reddito: Il reddito viene visto in termini di posizione relativa nella distribuzione sociale. La classe media può consumare e risparmiare, ha accesso a beni culturali e servizi, ma non dispone di grandi patrimoni.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change, ossia i lavoratori high skilled non hanno avuto il premio per i loro investimenti in istruzione, mentre il mercato del lavoro cerca lavoratori mid-low skilled. Con lo Skill biases technical change crescono salari e opportunità per chi ha alte skill, si comprimono o spariscono quelle per chi ne ha poche. Infatti, l’Italia paga un divario di produttività fortissimo con l’Europa continentale, gli US che si riverbera sui salari. Tutti ora si lamentano che i salari sono bassi, ma i lavori che fanno, dovrebbero in genere essere pagati ancora meno, mentre i lavori che non sanno fare, dovrebbero essere pagati molto di più.
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale. Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change. Con esso i laureati e chi ha competenze avanzate dovrebbero essere premiati con salari alti e prospettive migliori, mentre le mansioni poco qualificate dovrebbero stagnare o sparire. In Italia questo non è avvenuto la domanda di lavoro si è concentrata su profili mid-low skilled (settore dei servizi tradizionali, commercio, turismo, piccola manifattura), mentre i lavori ad alta intensità di competenze sono rimasti pochi e mal retribuiti.
Il risultato è una anomalia:
I salari sono compressi in basso per tutti.
I laureati non vedono un “premio all’istruzione” (anzi spesso guadagnano poco più di un diplomato).
Le imprese non riescono (o non vogliono) assorbire figure altamente specializzate, e questo si traduce in un gap di produttività strutturale con altri paesi.
Ecco perché la classe media in Italia ha mantenuto una relativa stabilità, sia economica che sociale: non essendoci stata un’esplosione della domanda di high-skilled workers, non si è creata quella forbice salariale tipica degli Stati Uniti o del Nord Europa.
Molti lavori che oggi esistono in Italia sono ultra-pagati rispetto alla loro produttività reale (pensiamo a settori protetti, pubblica amministrazione, micro-servizi).
Al contrario, i lavori davvero rari e ad alto skill, che altrove sono strapagati, qui vengono trattati come se fossero sostituibili. Poi le aziende falliscono e danno la colpa all’Europa e all’Euro.
Questo genera frustrazione collettiva: tutti si lamentano dei salari bassi, ma il vero problema è che l’Italia non ha mai riallineato salari, competenze e produttività, ma se lo facesse ¾ della gente dovrebbe prendersi la metà di quello che prende ora, perché nelle aziende medie sono in genere degli incompetenti.vertigo said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.
Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change, ossia i lavoratori high skilled non hanno avuto il premio per i loro investimenti in istruzione, mentre il mercato del lavoro cerca lavoratori mid-low skilled.
[…]
Il risultato è una anomalia:
I salari sono compressi in basso per tutti.
[…]
Molti lavori che oggi esistono in Italia sono ultra-pagati rispetto alla loro produttività reale (pensiamo a settori protetti, pubblica amministrazione, micro-servizi).
Al contrario, i lavori davvero rari e ad alto skill, che altrove sono strapagati, qui vengono trattati come se fossero sostituibili. Poi le aziende falliscono e danno la colpa all’Europa e all’Euro.A parte che mi sono fatto una mezza sega, ma la domanda a quel punto diviene: perché i lavori ad alta produttività sono pagati poco, vs. lavori ultrapagati rispetto alla loro produttività reale?
Io ho il sospetto, ma è un sospetto, che la risposta vada cercata ancora una volta nello scarso prestigio, all’interno della società italiana con le sue specificità, di alcune abilità che conferiscono alta produttività al lavoratore.
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vertigo said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
In Italia c’è stata una stabilità della classe media molto forte, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.
Questo è dovuto al fatto che in Italia non c’è stato il cosiddetto Skill Biased Tecnical Change, ossia i lavoratori high skilled non hanno avuto il premio per i loro investimenti in istruzione, mentre il mercato del lavoro cerca lavoratori mid-low skilled.
[…]
Il risultato è una anomalia:
I salari sono compressi in basso per tutti.
[…]
Molti lavori che oggi esistono in Italia sono ultra-pagati rispetto alla loro produttività reale (pensiamo a settori protetti, pubblica amministrazione, micro-servizi).
Al contrario, i lavori davvero rari e ad alto skill, che altrove sono strapagati, qui vengono trattati come se fossero sostituibili. Poi le aziende falliscono e danno la colpa all’Europa e all’Euro.A parte che mi sono fatto una mezza sega, ma la domanda a quel punto diviene: perché i lavori ad alta produttività sono pagati poco, vs. lavori ultrapagati rispetto alla loro produttività reale?
Io ho il sospetto, ma è un sospetto, che la risposta vada cercata ancora una volta nello scarso prestigio, all’interno della società italiana con le sue specificità, di alcune abilità che conferiscono alta produttività al lavoratore.
somedude fino ad un certo punto conta lo status
Il problema risiede principalmente nella demografia aziendale. Le imprese, nella stragrande maggioranza dei casi, sono piccole, poco digitalizzate, con metodi di produzione che sembrano usciti da un manuale pre-globalizzazione. Questa struttura produttiva genera solo ciò che può: lavori poco qualificati, mal pagati, poco attrattivi.
Il problema centrale, e spesso volutamente ignorato, è proprio questo: la centralità delle PMI, le piccole e medie imprese. Esse sono state per decenni raccontate come la “spina dorsale” dell’economia italiana, ma oggi assomigliano sempre più a una zavorra. Sono aziende che raramente innovano, che spesso rimangono nella sfera familiare, allergiche alla managerialità, incapaci di investire davvero in ricerca e sviluppo o di scalare verso mercati più grandi.
Quando ce la fanno, è per eccezione, non per sistema. Non di rado sopravvivono grazie a un mix di agevolazioni pubbliche, evasione fiscale o sfruttamento del lavoro. Le PMI sono tantissime (oltre il 98% delle imprese italiane) e rappresentano un bacino elettorale enorme. Nessun partito ha il coraggio di andare contro di loro. Anzi, tutti promettono tagli fiscali, incentivi, semplificazioni ad hoc, esenzioni su misura. Difendere le PMI porta voti, e attaccarle è politicamente suicida. Inoltre, un sistema basato su piccole realtà rende più facile frammentare le responsabilità, evitare riforme strutturali, gestire il consenso attraverso piccoli favori distribuiti in modo capillare.
I lavoratori “mid skilled”, cioè con competenze tecniche medio-basse (operai specializzati, diplomati tecnici, figure in grado di usare macchinari ma non progettare sistemi complessi), sono i più richiesti, perché sono quelli che effettivamente servono per mandare avanti queste catene produttive. Non hanno bisogno di alta formazione universitaria, ma neanche possono essere manodopera del tutto non qualificata.
Il problema è che il mercato del lavoro mondiale sta andando in tutt’altra direzione: competenze digitali, capacità di gestire processi automatizzati, ibridazione tra tecnica e soft skills. L’Italia, rimanendo bloccata in questo modello da “capannone anni ’80”, si trova sempre più a corto di competitività.
Il livello educativo degli imprenditori italiani, in particolare nelle PMI, è spesso un fattore critico che contribuisce alla stagnazione del sistema produttivo. Molti imprenditori, soprattutto nelle piccole realtà a conduzione familiare, non hanno una formazione avanzata o specifica in gestione aziendale, innovazione o digitalizzazione. Questo limita la loro capacità di adottare strategie moderne e competitive.
Nel 2020, circa il 60% degli imprenditori di PMI non aveva una laurea, e molti non avevano seguito corsi di aggiornamento professionale.
Molte PMI sono gestite da figure che hanno ereditato l’azienda senza una preparazione formale in economia, management o tecnologia, spesso istruiti in casa. La gestione è spesso basata sull’esperienza pratica o su approcci tradizionali, che mal si adattano a un mercato globalizzato.
Gli imprenditori italiani, soprattutto nelle PMI, investono poco nella propria formazione, dopo il 2000 gli investimenti in formazione sono scomparsi o quasi dalle piccole e medie aziende.
Paesi come Germania o Olanda, pur avendo un tessuto di PMI, hanno tassi più alti di imprenditori con formazione universitaria o tecnica avanzata. In Germania, ad esempio, il sistema di formazione duale (che combina teoria e pratica) produce imprenditori e lavoratori con competenze tecniche elevate, favorendo l’adozione di tecnologie avanzate anche nelle piccole imprese. -
teflon said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
minchia, sono ricco ma ho le pezze al culo… lupo solitario anche dal punto di vista statistico.
stavo pensando lo stesso !
sono ricco e non lo sapevo !Beh, ero anch’io su quella barca in Italia.
“Tu guadagni bene, altroché!” e mi domandavo se fosse normale non potermi permettere quasi un cazzo.
“Devi fare sacrifico devi fare, per quando sarai un vecchio demmerda”!
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Beh, ero anch’io su quella barca in Italia.
“Tu guadagni bene, altroché!” e mi domandavo se fosse normale non potermi permettere quasi un cazzo.
“Devi fare sacrifico devi fare, per quando sarai un vecchio demmerda”!
Cioccolataio Svizzerese said in La democrazia richiede confronto. Il manicheismo politico richiede solo nemici.:
Beh, ero anch’io su quella barca in Italia.
“Tu guadagni bene, altroché!” e mi domandavo se fosse normale non potermi permettere quasi un cazzo.
“Devi fare sacrifico devi fare, per quando sarai un vecchio demmerda”!
La mia era piu’ una battuta che una lamentela
Ho lavorato per tanti anni all’estero, sono tornato ad essere italiano circa 4 anni fa.
In termini di guadagni, non e’ tanto la comparazione rispetto ad ora, guadagnavo il triplo, ma quello che avrei potuto fare/guadagnare a livello di carriera.Ma alla fine sono scelte, fatte per altri motivi a quelli economici, sapevo a cosa andavo incontro, e mi sta bene cosi’ . Che poi io pago il 75% in meno sull’imponibile, che su un buon stipendio ( per essere in Ita), fa di me l’ultimo che si possa lamentare.
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somedude fino ad un certo punto conta lo status
Il problema risiede principalmente nella demografia aziendale. Le imprese, nella stragrande maggioranza dei casi, sono piccole, poco digitalizzate, con metodi di produzione che sembrano usciti da un manuale pre-globalizzazione. Questa struttura produttiva genera solo ciò che può: lavori poco qualificati, mal pagati, poco attrattivi.
Il problema centrale, e spesso volutamente ignorato, è proprio questo: la centralità delle PMI, le piccole e medie imprese. Esse sono state per decenni raccontate come la “spina dorsale” dell’economia italiana, ma oggi assomigliano sempre più a una zavorra. Sono aziende che raramente innovano, che spesso rimangono nella sfera familiare, allergiche alla managerialità, incapaci di investire davvero in ricerca e sviluppo o di scalare verso mercati più grandi.
Quando ce la fanno, è per eccezione, non per sistema. Non di rado sopravvivono grazie a un mix di agevolazioni pubbliche, evasione fiscale o sfruttamento del lavoro. Le PMI sono tantissime (oltre il 98% delle imprese italiane) e rappresentano un bacino elettorale enorme. Nessun partito ha il coraggio di andare contro di loro. Anzi, tutti promettono tagli fiscali, incentivi, semplificazioni ad hoc, esenzioni su misura. Difendere le PMI porta voti, e attaccarle è politicamente suicida. Inoltre, un sistema basato su piccole realtà rende più facile frammentare le responsabilità, evitare riforme strutturali, gestire il consenso attraverso piccoli favori distribuiti in modo capillare.
I lavoratori “mid skilled”, cioè con competenze tecniche medio-basse (operai specializzati, diplomati tecnici, figure in grado di usare macchinari ma non progettare sistemi complessi), sono i più richiesti, perché sono quelli che effettivamente servono per mandare avanti queste catene produttive. Non hanno bisogno di alta formazione universitaria, ma neanche possono essere manodopera del tutto non qualificata.
Il problema è che il mercato del lavoro mondiale sta andando in tutt’altra direzione: competenze digitali, capacità di gestire processi automatizzati, ibridazione tra tecnica e soft skills. L’Italia, rimanendo bloccata in questo modello da “capannone anni ’80”, si trova sempre più a corto di competitività.
Il livello educativo degli imprenditori italiani, in particolare nelle PMI, è spesso un fattore critico che contribuisce alla stagnazione del sistema produttivo. Molti imprenditori, soprattutto nelle piccole realtà a conduzione familiare, non hanno una formazione avanzata o specifica in gestione aziendale, innovazione o digitalizzazione. Questo limita la loro capacità di adottare strategie moderne e competitive.
Nel 2020, circa il 60% degli imprenditori di PMI non aveva una laurea, e molti non avevano seguito corsi di aggiornamento professionale.
Molte PMI sono gestite da figure che hanno ereditato l’azienda senza una preparazione formale in economia, management o tecnologia, spesso istruiti in casa. La gestione è spesso basata sull’esperienza pratica o su approcci tradizionali, che mal si adattano a un mercato globalizzato.
Gli imprenditori italiani, soprattutto nelle PMI, investono poco nella propria formazione, dopo il 2000 gli investimenti in formazione sono scomparsi o quasi dalle piccole e medie aziende.
Paesi come Germania o Olanda, pur avendo un tessuto di PMI, hanno tassi più alti di imprenditori con formazione universitaria o tecnica avanzata. In Germania, ad esempio, il sistema di formazione duale (che combina teoria e pratica) produce imprenditori e lavoratori con competenze tecniche elevate, favorendo l’adozione di tecnologie avanzate anche nelle piccole imprese.ci sono delle banalita’ e dei luoghi comuni, in concentrazioni fastidiose, e mi piacerebbe demolirne alcune.
Primo: questa e’ una tabella con le 20 piu’ grosse aziende italiane quotate. Notate bene chi ha un indice di innovazione (numero di brevetti). C’e’ solo Stellantis ad ssere privata. La correlazione tra proprieta’ e innovazione e’ 0.25, cioe’ le aziende private fanno piu’ innovazione di quelle pubbliche, ma di pochissimo. Ovvero le aziende pubbliche hanno quasi la stessa propensione all’innovazione di quelle private.Azienda Settore Proprietà Capitalizzazione di Borsa (mld €) Indice Innovazione Enel Energia / Industria Pubblica 81 Medio Eni Petrolifero / Industria Pubblica 42 Medio Stellantis Automotive / Industria Privata 54 Alto CNH Industrial Industria / Veicoli Privata 4.5 Medio Prysmian Group Industria / Tecnologia Privata 5 Alto Leonardo Difesa / Industria Pubblica 8 Alto Saipem Energia / Industria Pubblica 1.8 Medio-Basso Atlantia Servizi / Infrastrutture Privata 9 Basso Telecom Italia Telecomunicazioni / Servizi Pubblica 10 Medio Nexi Fintech / Servizi Privata 8 Medio Terna Energia / Servizi Pubblica 13 Medio Snam Energia / Servizi Pubblica 13 Medio A2A Energia / Servizi Mista 7 Medio-Basso Italgas Energia / Servizi Privata 6 Medio Cementir Holding Industria / Cemento Privata 1.2 Basso Buzzi Unicem Industria / Cemento Privata 4 Basso Cerved Group Servizi / Info Commerciali Privata 1.5 Medio Mutti Industria / Alimentare Privata 0.9 Basso Erg Energia / Rinnovabili Privata 2 Medio Iveco Group Automotive / Industria Privata 4.5 Medio -
ci sono delle banalita’ e dei luoghi comuni, in concentrazioni fastidiose, e mi piacerebbe demolirne alcune.
Primo: questa e’ una tabella con le 20 piu’ grosse aziende italiane quotate. Notate bene chi ha un indice di innovazione (numero di brevetti). C’e’ solo Stellantis ad ssere privata. La correlazione tra proprieta’ e innovazione e’ 0.25, cioe’ le aziende private fanno piu’ innovazione di quelle pubbliche, ma di pochissimo. Ovvero le aziende pubbliche hanno quasi la stessa propensione all’innovazione di quelle private.Azienda Settore Proprietà Capitalizzazione di Borsa (mld €) Indice Innovazione Enel Energia / Industria Pubblica 81 Medio Eni Petrolifero / Industria Pubblica 42 Medio Stellantis Automotive / Industria Privata 54 Alto CNH Industrial Industria / Veicoli Privata 4.5 Medio Prysmian Group Industria / Tecnologia Privata 5 Alto Leonardo Difesa / Industria Pubblica 8 Alto Saipem Energia / Industria Pubblica 1.8 Medio-Basso Atlantia Servizi / Infrastrutture Privata 9 Basso Telecom Italia Telecomunicazioni / Servizi Pubblica 10 Medio Nexi Fintech / Servizi Privata 8 Medio Terna Energia / Servizi Pubblica 13 Medio Snam Energia / Servizi Pubblica 13 Medio A2A Energia / Servizi Mista 7 Medio-Basso Italgas Energia / Servizi Privata 6 Medio Cementir Holding Industria / Cemento Privata 1.2 Basso Buzzi Unicem Industria / Cemento Privata 4 Basso Cerved Group Servizi / Info Commerciali Privata 1.5 Medio Mutti Industria / Alimentare Privata 0.9 Basso Erg Energia / Rinnovabili Privata 2 Medio Iveco Group Automotive / Industria Privata 4.5 Medio Anche nelle PMI, pero’ dipende dal settore.
Ecco le correlazioni piu’ importanti:
Correlazione tra Numero Dipendenti e Indice Innovazione: ≈0.72 (positiva, forte)
Correlazione tra Numero Dipendenti e Salario Medio Annuo Lordo: ≈0.90 (positiva, molto forte)
Correlazione tra Indice Innovazione e Salario Medio Annuo Lordo: ≈0.85 (positiva, forte)
Interpretazione:
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Un aumento della dimensione dell’azienda (numero di dipendenti) tende ad associarsi a un indice di innovazione più alto.
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La dimensione aziendale è molto fortemente correlata con un salario medio annuo lordo più elevato.
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Anche un indice di innovazione più alto tende a corrispondere a salari medi più elevati.
Quindi la parte dei sottopagati in settori ad alta specializzazione non e’ davvero reale.
Settore Numero Dipendenti Indice Innovazione Salario Medio Annuo Lordo (€) Costruzioni e ingegneria 1-10 Basso 28.000 Costruzioni e ingegneria 11-50 Medio 30.000 Costruzioni e ingegneria 51-250 Medio-Alto 34.000 Costruzioni e ingegneria 250+ Alto 38.000 Energia 1-10 Medio-Basso 30.000 Energia 11-50 Medio 33.000 Energia 51-250 Medio 37.000 Energia 250+ Alto 41.000 IT e software 1-10 Medio-Alto 35.000 IT e software 11-50 Alto 40.000 IT e software 51-250 Alto 45.000 IT e software 250+ Alto 50.000 Industria manifatturiera 1-10 Basso-Medio 29.000 Industria manifatturiera 11-50 Medio 32.000 Industria manifatturiera 51-250 Medio 35.000 Industria manifatturiera 250+ Medio-Alto 39.000 E-commerce 1-10 Alto 33.000 E-commerce 11-50 Alto 36.000 E-commerce 51-250 Alto 40.000 E-commerce 250+ Alto 44.000 Moda e tessile 1-10 Basso 26.000 Moda e tessile 11-50 Medio 29.000 Moda e tessile 51-250 Medio 32.000 Moda e tessile 250+ Medio 35.000 Agroalimentare 1-10 Basso 25.000 Agroalimentare 11-50 Basso 27.000 Agroalimentare 51-250 Medio-Basso 30.000 Agroalimentare 250+ Medio 33.000 Servizi professionali 1-10 Medio 30.000 Servizi professionali 11-50 Medio-Alto 35.000 Servizi professionali 51-250 Alto 40.000 Servizi professionali 250+ Alto 45.000 Turismo e ospitalità 1-10 Basso 22.000 Turismo e ospitalità 11-50 Basso-Medio 24.000 Turismo e ospitalità 51-250 Medio 26.000 Turismo e ospitalità 250+ Medio 28.000 Fintech 1-10 Alto 36.000 Fintech 11-50 Alto 40.000 Fintech 51-250 Alto 45.000 Fintech 250+ Alto 50.000 Edilizia 1-10 Basso 27.000 Edilizia 11-50 Medio 30.000 Edilizia 51-250 Medio 33.000 Edilizia 250+ Medio 36.000 -